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CAIVANO: Tangenti per 100mila euro per il Castello, il sistema comincia a scricchiolare

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Abbiamo deciso come consiglio comunale, all’unanimità, di inviare gli atti relativi al castello medievale alla Procura perché non potevamo e non possiamo assumerci le responsabilità legate alla cattiva amministrazione di chi ci ha preceduto. Come amministrazione in carica è nostro compito affrontare la tematica e tentare di capire come risolverla per restituire alla città un’importante opera ma allo stesso tempo è chiaro che se ci sono delle responsabilità sullo sperpero di denaro pubblico e addirittura se risulta vero che sono stati pagati lavori mai eseguiti, tra il silenzio della politica locale, è nostro dovere far salire tutto a galla a tutela della legalità e dell’interesse collettivo. Ecco, nella sostanza, e lo dico alla minoranza, cosa significa ripristino della legalità al Municipio. Questioni come quella del castello dovrebbero far vergognare chi ha governato Caivano mettendo da parte la tutela dell’interesse collettivo chissà per quali finalità: se si è trattato solo di incompetenza oppure c’è addirittura malafede

Così commentava il Sindaco di Caivano, Simone Monopoli riguardo la gestione dei lavori di ristrutturazione del castello medioevale di Caivano, poco dopo che la sua giunta si era insediata a Caivano.

La giunta a cui si fa riferimento, omessa nella dichiarazione di Monopoli, è quella del medico caivanese Antonio Falco e, sempre sulla linea della denuncia che ha sempre caratterizzato lui e una parte dei componenti della sua giunta.

Per onor del vero, un altro consigliere di maggioranza aveva posto l’accento e chiesto un’interrogazione consiliare al riguardo, parliamo di Angelo Marzano, in forza nella lista civica insieme per Monopoli.

“La questione del Castello medievale è da troppi anni oggetto di discussione a livello locale e nessuno mai ha saputo o ha voluto dare delle spiegazioni in merito ad una questione simbolo del fallimento politico e amministrativo delle passate gestioni. Appena ho avuto contezza che molto in questa vicenda non quadra, anche a seguito di relazioni tecniche presentate dai tecnici incaricati, ho deciso di chiamare in causa la Procura perché da quelle carte emergono circa 600mila euro di lavori o non realizzati, ma pagati, oppure chissà cos’altro è successo che la Procura dovrà spiegarci. Perché il dato è certo: i soldi sono stati spesi e i lavori di ristrutturazione non sono conclusi. Adesso l’opera storica è abbandonata nel degrado, al proprio destino, senza che nessuno sappia spiegarci in maniera certa come stanno le cose e di chi sono le colpe. Inoltre, allo stesso tempo bisogna ammettere che se oggi parliamo di lavori pagati e non realizzati lo dobbiamo anche al dirigente del settore Lavori pubblici che ha, insieme all’architetto Vitaliano Fusco, scoperchiato il pentolone appena il nuovo sindaco si è insediato consentendo a noi amministratori di poter inviare gli atti ai magistrati sperando che la comunità caivanese possa ottenere giustizia”.

Queste le sue dichiarazioni rilasciate a un giornale locale nella stessa data.

È notizia di oggi, ovviamente non legata ai fatti sopra citati, che i giudici hanno scoperto che il titolare ditta che aveva in appalto i lavori del restauro del castello medievale di Caivano, sarebbe stato costretto a versare 40mila euro, in diverse “rate”, a titolo di tangente a tre esponenti della camorra afragolese; poi avrebbe pagato altri 70mila euro ad altri quattro esponenti della malavita organizzata.

Qualcuno ci spieghi come sia stato possibile che ben 600mila euro siano spariti nel nulla e come sia stato possibile che il RUP abbia dato il beneplacito ai SAL (stato avanzamento lavori) presentati.

Sarà per questo motivo che ci sia stato un turnover esasperato tra i responsabili unici del progetto, per non parlare delle continue dimissioni dei direttori di lavoro?

Certo, dare la colpa al politico di turno resta sempre l’azione più semplice, perché il cittadino medio non ha la capacità, e non certo per suo dolo, di comprendere in pieno il funzionamento della macchina comunale, ma va sottolineato che certe “usanze” sono state spesso usate e abusate nel comune di Caivano.

L’ultima relazione dell’ANAC la dice lunga sulla gestione finanziaria del comune a nord di Napoli. Si parla degli stessi lavori al castello, della raccolta dei rifiuti, di omissioni gravi in atti di ufficio, in documenti spariti nel nulla, di codici di appalto violati, dell’abuso dello strumento dell’affidamento diretto e il continuo ricorso alla frammentazione dei lavori.

Avrei potuto parlare anche io del prete di Casolla, ma la cronaca spicciola non mi interessa, un prete è pur sempre un uomo e se ha sbagliato pagherà come tutti gli altri.

Ciò che mi preme è cogliere l’essenza della notizia, Caivano è un paese da “riformare”!

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CAIVANO. Flop Carovana Rosa. Quanto dichiara Dispenza indigna la parte sana della città, compreso il Direttore di Minformo

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CAIVANO – Ero molto combattuto dal dover esprimere la mia opinione su quanto dichiarato dalle autorità caivanesi all’indomani del flop – perché in questa città è ora di dare il nome giusto alle cose – ottenuto all’evento della Carovana Rosa al Parco Livatino.

È giunta l’ora di dire basta alle strumentalizzazioni, alle etichette e agli opportunismi. Caivano è si terra di camorra, di politici corrotti e di assoggettamento alla criminalità. Ma Caivano è anche città di gente perbene, laboriosa, professionisti, artisti e sportivi che militano nelle più alte categorie nazionali.

Il flop all’evento del Giro d’Italia non è dovuto alla mancata voglia di recepire segnali di legalità da parte dei caivanesi come dichiarato dal viceprefetto Filippo Dispenza ma è dovuto ad una scarsa organizzazione e ad una scarsissima Comunicazione e chi lo sta scrivendo, parla con cognizione di causa, dato che si vanta di essere un professionista serio e perbene della società caivanese nel campo della Comunicazione.

Un evento nato e finito nell’inesistenza mediatica assoluta. Nessuno sapeva di questo evento e per giunta organizzato in un Parco, dove bastava solo bonificarlo e sorvegliarlo per sottrarlo ai narcotrafficanti e tossicodipendenti non certamente per usarlo come centro nevralgico degli eventi cittiadini. Un evento locato in un parco dislocato, lontano dal centro, organizzato di mattina quando la gente perbene di Caivano lavora e dove le massaie che avrebbero dovuto accompagnare i figli, non si sarebbero mai sognate di fare chilometri a piedi sotto il sole.

Per questo motivo, chi è incapace di amministrare e chi non conosce il territorio, deve smetterla di fare il Polizione dell’Interpol con la convizione di essere venuto a Caivano a fare una guerra metropolitana contro 36mila camorristi e spacciatori.

Assumersi le proprie responsabilità e ammettere di stare a governare male una città complesssa come Caivano è la prima di ogni azione nobile e onesta che si potrebbe fare.

Perchè se si vuole scendere sul personale contro ogni caivanese – dato che io dalle dichiarazioni di Dispenza mi sento più che offeso – col famoso sistema del “chi songhe io e chi si tu” allora chiedo al viceprefetto Dispenza di spiegare ai caivanesi cosa è successo nel suo recente passato a Vittoria in Provincia di Ragusa quando anche lì ricopriva il ruolo di Commissario Prefettizio?

I colleghi giornalisti siciliani de “isiciliani.it” tra la primavera e l’estate del 2020 scrivevano di un rapporto di amicizia tra il Commissario Dispenza e un certo Antonio Calogero Montante imprenditore ex icona antimafia, condannato in primo grado dal Tribunale di Caltanissetta a 14 anni di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso. Scrivevano inoltre, che grazie a tale rapporto si è agevolato l’assuzione del figlio di Dispenza ad opera della Ksm e, in successione, di altre società del gruppo, e che tale assunzione è inserita dagli inquirenti nella lista dei favori richiesti a Montante e da questi concessi.

Sono sicuro che il Dispenza saprà giustificare queste accuse ricevute in passato e sono sicuro che la sua integerrimità farà sì che egli risulti totalmente estraneo a questi fatti ma i quesiti sorgono solo per fare una riflessione insieme al commissario e ai lettori che mi leggono.

Vorremmo essere sicuri che oggi chi ci amministra e chi addita i caivanesi come quelli ostativi nei confronti della legalità sia per primo lontano anni luce da certi ambienti e sapere se sono vere o no quelle notizie riportate dai colleghi. Tutto qui!

Anche perché il Commissario Dispenza, come tutti quanti gli esseri umani, non è un uomo unto dal Signore né detiene il monopolio dell’antimafia ma deve comoprendere solo che è il contesto in cui è stato catapultato è montato solo come un caso mediatico e strumentale e il fatto che oggi tutti i caivanesi siano vittime di etichette e generalizzazioni negative non fa altro che indignare la parte sana della città che stanca ora grida BASTA! Quindi BASTA!

Un umile caivanese onesto stanco delle strumentalizzazioni e che pretende rispetto dalle autorità!

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De Luca torna sull’argomento: “Don Patriciello non ha il monopolio della lotta contro la camorra”

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NAPOLI – Non si placa la polemica intorno alle parole dichiarate dal Governatore De Luca nel suo intervento social a riguardo la satira usata nei confronti del prete Maurizio Patriciello.

Dopo il botta e risposta avuto direttamente con la Premier Meloni, il Presidente della Regione Campania è tornato di nuovo sull’argomento e alcuni minuti fa, attraverso la sua pagina social ha scritto: “In relazione al polverone sollevato dall’on. Meloni, che non ha evidentemente nulla di serio di cui parlare, è utile precisare che la mia battuta non riguarda don Patriciello, ma la scorrettezza di chi ha strumentalizzato a fini di propaganda politica – quando ha presentato l’ipotesi di premierato – figure pubbliche che non c’entrano nulla con le riforme costituzionali.

Quanto a don Patriciello, sia detto con il massimo rispetto, ma con assoluta e definitiva chiarezza, che apprezziamo le sue battaglie, ma che non ha il monopolio della lotta contro la camorra. Ci sono innumerevoli cittadini, lavoratori, uomini di Chiesa e giovani, che sono quotidianamente e silenziosamente impegnati in questa battaglia. E che qualcuno di noi questa battaglia la fa da cinquant’anni, e magari avendo rinunciato a ogni scorta.

Per il resto, siamo impegnati oggi in un lavoro importante e positivo, anche con il contributo fondamentale del mondo religioso, sui temi della famiglia e della relativa legge regionale a cui stiamo lavorando. E stiamo combattendo, da soli, per sbloccare le risorse decisive per aprire cantieri e creare lavoro.

Suggerirei a don Patriciello, amichevolmente, di avere un po’ più di ironia, soprattutto quando ci si presenta non sul piano dei rapporti istituzionali relativi alla tutela del nostro territorio, ma sul piano improprio della politica politicante”.

Il pensiero che parecchi cittadini hanno sempre formulato ma che hanno sempre represso finalmente si è palesato nelle parole del Governatore De Luca. Come li definiva Leonardo Sciascia, questi personaggi possono essere ascritti tra i “professionisti dell’antimafia” mentre c’è gente che in maniera silente e mettendo a repentaglio la propria vita, senza alcuna protezione, lotta contro la criminalità mettendo alla luce tutte le sue malefatte ogni giorno.

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CAIVANO. Occupazioni abusive al Parco Verde. Dissequestrate due abitazioni dal Tribunale del Riesame.

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CAIVANO – Prosegue il processo di legalità nel comune gialloverde e precisamente al Parco Verde. I lavori della Procura volti ad individuare le occupazioni abusive all’interno dell’agglomerato caivanese stanno proseguendo e all’interno di essi c’è da registrare l’ottimo lavoro svolto dall’Avv. penalista e Prof. di Diritto Penale Michele Dulvi Corcione che è riuscito a dimostrare l’estraneità ai fatti contestati per due famiglie sue assistite.

Infatti, per due famiglie caivanesi del Parco Verde è terminato l’incubo grazie al fatto che il Tribunale del Riesame di Santa Maria Capua Vetere ha annullato il sequestro degli immobili che secondo la Procura della Repubblica risultavano essere occupati abusivamente.

A quanto pare, queste, sono state le uniche due famiglie a godere di tale provvedimento. Come ebbe a dire anche il Prefetto Michele Di Bari, ogni caso è a se e queste due famiglie, grazie al solerte lavoro del loro avvocato, sono riuscite a dimostrare l’effettivo lecito utilizzo del proprio immobile. Tutto bene ciò che finisce bene.

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